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Il gioco dell’angelo di Carlos Ruiz Zafòn

"Ogni opera d'arte è aggressiva, Isabella. E ogni vita d'artista è una piccola o grande guerra, a cominciare da quella con sé stessi e con i propri limiti. Per raggiungere qualunque obiettivo, c'è bisogno prima di tutto dell'ambizione e poi del talento, della conoscenza e, infine, dell'opportunità."

Trama: Nella tumultuosa Barcellona degli anni Venti il giovane David Martìn cova un sogno: diventare uno scrittore. E quando riesce a pubblicare un suo racconto, il successo arriva. Ma da quel momento la vita comincerà a porgli strani interrogativi, a esporlo a imprevedibili azzardi, travolgenti passioni, crimini efferati e sentimenti assoluti…


Ero molto indecisa prima di iniziare questo libro; vista la somiglianza con la trama del romanzo precedente, temevo che sarebbe stato ripetitivo; sono stata felicemente smentita. “Il gioco dell’angelo” è una sorta di prequel de “L’ombra del vento”, in cui ritroveremo vecchie conoscenze ma soprattutto incontreremo un nuovo interessante protagonista: David Martìn. Ho usato questo verbo, “incontreremo”, perché mi sembra quasi di parlare di un vecchio amico; non mi stancherò mai di lodare l’abilità di Zafòn nel creare personaggi completi e realistici.


David è fragile, ambizioso e complesso. Dopo avere passato anni a scrivere libri sotto uno pseudonimo, incontra un uomo, Andreas Corelli, che gli promette che tutti i suoi sogni si realizzeranno. In cambio gli chiede di scrivere un libro, ma non un semplice romanzo: lui vuole che David, con la sua abile penna, inventi una religione.

Andreas Corelli è un personaggio particolare: se cinismo e sarcasmo si fondessero in una persona, probabilmente ne verrebbe fuori lui. Pagina per pagina, assistiamo a come Corelli smonta i meccanismi delle religioni e riduce la fede a “una risposta istintiva ad aspetti dell’esistenza che non possiamo spiegare in altro modo”.


Il tema dell’amore è trattato anche in questo romanzo, ma è descritto come qualcosa di fallimentare ed illusorio. È stato quasi straziante leggere di David e Cristina, dei baci superficiali di lei e dell’amore non ricambiato di lui. La loro storia mi ha ricordato un po' quelle di Daisy e Gatsby e di Edith e Stoner; sia ne “Il grande Gatsby” che in “Stoner” questo sentimento è una fonte di perpetua insoddisfazione.


“Non c’erano futuro né grandi speranze in quella corsa verso nessun posto, e lo sapevamo entrambi. A volte, stanchi dei tentativi di far galleggiare quella nave che faceva acqua da tutte le parti...ci arrischiavamo a parlare di qualcosa che non fosse quella prossimità che a furia di nascondersi cominciava a bruciare nella coscienza. A volte mi armavo di coraggio e le prendevo la mano”.

In conclusione, vi consiglio assolutamente questo libro (dopo aver letto “L’ombra del vento”!) per ritrovare l’atmosfera gotica e surreale di Barcellona e lo stile unico di Zafòn.


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1 comentario


domenico-cristiano
28 nov 2020

Intrigante il tema della religione così come lo hai descritto

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