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Ballata dell'usignolo e del serpente di Suzanne Collins- recensione

Aggiornamento: 12 set 2020

“Aveva adorato l’insolito senso di sicurezza derivato dalla loro sconfitta. Quella sicurezza che solo il potere può dare. La possibilità di controllare le cose. Sì, ecco cosa gli era piaciuto di più di tutto”.

A Capitol City, il diciottenne Coriolanus Snow si sta preparando con cura: è stato chiamato a partecipare ai giochi in qualità di mentore e sa bene che questa potrebbe essere la sua unica possibilità di accedere alla gloria. La casata degli Snow, un tempo potente, sta attraversando la sua ora più buia. Il destino del buon nome degli Snow è nelle mani di Coriolanus: l’unica, esile possibilità di riportarlo all’antico splendore risiede nelle capacità del ragazzo di essere più affascinante, più persuasivo e più astuto dei suoi avversari e di condurre così il suo tributo alla vittoria. Sulla carta, però, tutto è contro di lui: non solo gli è stato assegnato il distretto più debole, il 12, ma in sorte gli è toccata la femmina della coppia di tributi. I destini dei due giovani, a questo punto, sono intrecciati in modo indissolubile. D’ora in avanti, ogni scelta di Coriolanus influenzerà inevitabilmente i futuri successi o insuccessi della ragazza. Dentro l’arena avrà luogo un duello all’ultimo sangue, ma fuori dall’arena Coriolanus inizierà a provare qualcosa per il suo tributo e sarà costretto a scegliere tra la necessità di seguire le regole e il desiderio di sopravvivere, costi quel che costi.


All’inizio sono rimasta sorpresa dalla scelta dell’autrice di scrivere un prequel con protagonista Snow: non capivo se e come sarei riuscita ad empatizzare con un personaggio così subdolo ed egoista. D’altra parte, però, ero felice di venire a sapere di più sulla sua storia perché nella saga viene rappresentato come il classico antagonista, ma non conosciamo il suo passato né la ragione del suo odio smisurato verso i distretti. Posso dire di non essere rimasta delusa.


Nonostante la narrazione non avvenga in prima persona come nella trilogia di Hunger Games, Coriolanus è un personaggio davvero ben caratterizzato: ci accorgiamo subito che Snow non ha un’indole nettamente malvagia, ma è costantemente in bilico tra il suo lato buono e quello cattivo per le prime due parti del romanzo (“Se è impossibile porre fine alla guerra dobbiamo controllarla a tempo indeterminato” e “Chi aveva bisogno di ricchezza, successo e potere quando aveva l’amore? Non trionfava su tutto, l’amore?”). Nella terza parte, invece, si assiste a una totale evoluzione (o involuzione?) del personaggio: qui Snow dovrà decidere se assecondare il suo lato buono o quello malvagio e, anche se sappiamo già come andrà a finire, ci ritroviamo a sperare che scelga la giustizia. In questo libro, tuttavia, non conosciamo tutti i retroscena che hanno reso Snow il freddo e spietato villain della celebre trilogia, ma solo i tre mesi della sua vita in cui ha partecipato come mentore agli Hunger Games e quello che è successo poco tempo dopo tali eventi: è sicuramente abbastanza per comprendere lo sfaccettato e intricato personaggio che è Coriolanus, ma mi sarebbe piaciuto conoscere le circostanze della sua ascesa. Chissà se la Collins deciderà di svelarcele in un nuovo romanzo.


Per quanto riguarda altri personaggi, concordo con molti altri lettori nel dire che sono troppi e spesso molto piatti. Tigris e Clementia avevano tutte le carte per essere spunti di riflessione importanti, invece scompaiono a metà del romanzo. L’inclinazione di Seianus verso la giustizia è interessante, visto che potrebbe benissimo decidere di godersi la sua vita agiata a Capitol City ed ignorare quello che succede nei distretti, ma sceglie di sfidare il sistema e di fare tutto ciò che è in suo potere per ostacolarlo. Anche il suo rapporto con Coriolanus è particolare, considerati gli ideali opposti dei due personaggi. Lucy Gray è la nostra co-protagonista femminile: anche di lei sappiamo molto poco, ma è interessante il fatto che non sia rimasta traumatizzata dagli Hunger Games. Questo perché anche lei, come Coriolanus, non è così buona come può sembrare; Lucy Gray è un usignolo all’apparenza, ma rivela la natura di un serpente più volte durante i Giochi. Infine, un altro personaggio che ho apprezzato moltissimo: la dottoressa Volumnia Gaul. Quest’ultima crede che le persone siano in realtà intrinsecamente violente e che “non solo il mondo è un posto crudele, ma la sua crudeltà piace alla gente”. Dà addirittura un tema ai suoi studenti su quello che gli è piaciuto della guerra. I suoi dialoghi con Coriolanus sono la parte più riflessiva del romanzo, in quanto da questi emerge la parte cattiva e ossessionata dal potere di entrambi.

“Cos’hai pensato di loro, adesso che non sono più in catene? Cosa ne pensi, adesso che hanno tentato di ucciderti? Perché dalla tua morte, non avrebbero tratto alcun vantaggio. Tu non sei un rivale”
“Credo di aver sottovalutato la portata del loro odio per noi”
“E quando te ne sei reso conto, qual è stata la tua reazione?"
“Li volevo morti. Volevo morto ognuno di loro”

Per concludere questa sintetica analisi dei personaggi, vorrei specificare che il motivo per cui molti di loro mi sono sembrati piuttosto bidimensionali, potrebbe risiedere nel fatto che la narrazione è dal punto di vista di Snow, che sappiamo avere un’indole decisamente egoistica.


Ho apprezzato moltissimo anche come sono stati trattate le varie tematiche in questo romanzo: la natura umana, la manipolazione delle persone e, in modo particolare, la guerra. Vengono infatti approfondite moltissimo la ribellione fallita dei distretti e le conseguenze che questa ha avuto sulla popolazione. Gli abitanti dei distretti vivono ormai nella miseria e sono sottomessi alla volontà di Capitol City; i tentativi di protestare sono pochi e vengono tutti repressi violentemente dai Pacificatori. I cittadini di Capitol, invece, passato il periodo buio delle ribellioni, vivono nell’agio. Alcuni, come Seianus e altri compagni di Snow, considerano i Giochi crudeli e credono che i distretti siano già stati puniti a sufficienza; altri, come Snow e la dottoressa Gaul, li reputano un efficace e necessario strumento di controllo e un “promemoria di quello che abbiamo fatto gli uni agli altri, di quello che potremmo ancora fare, a causa di ciò che siamo”. I riferimenti alle guerre mondiali sono numerosi e fanno riflettere:

“Basta un solo sguardo per capire che i nostri sono di una razza superiore”
“Cos’è successo nell’arena? Quella che hai conosciuto era umanità spogliata di ogni ornamento. I tributi”
“I tributi venivano trasportati a bordo di carri bestiame, neanche molto puliti. Si chiese se quei ragazzi avessero avuto la possibilità di mangiare e prendere un po' d’aria, o se fossero stati direttamente chiusi lì dentro dopo le diverse mietiture”

Mi sono piaciuti inoltre i frequenti riferimenti alla saga, soprattutto per quanto riguarda la repulsione di Snow nei confronti delle ghiandaie imitatrici.


In conclusione, consiglio assolutamente questo libro a tutti gli amanti della saga. Ancora una volta, la penna della Collins non mi ha deluso e ho letto questo prequel in pochi giorni, nonostante le quasi cinquecento pagine. Aspetto con ansia la trasposizione cinematografica, a cui la Lionsgate ha annunciato di stare lavorando già dal 2019, e sono davvero curiosa di scoprire a quale giovane attore verrà affidato il ruolo di Snow, magistralmente ricoperto nella saga originale dal bravissimo Donald Sutherland.






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